Cassazione civile, sez. III, ordinanza 04/12/2018 n° 31234
Ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento, in caso di mancata acquisizione del consenso informato, il paziente deve provare che, se correttamente informato dal personale medico, avrebbe negato il suo consenso all’intervento chirurgico.
E’quanto chiarito dalla Suprema Corte, sez. Terza Civile, con ordinanza n. 31234 del 4 dicembre 2018.
Nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte un uomo evocava in giudizio una struttura sanitaria per sentire dichiarare la responsabilità professionale del personale medico per violazione e negligente adempimento degli obblighi connessi all’attività professionale, nonchè per omessa informazione relativa all’intervento chirurgico. Con la citata ordinanza il Supremo Collegio ha ribadito il consolidato principio secondo cui la mancanza di consenso rileva ai fini risarcitori quando dalla violazione del diritto all’autodeterminazione del paziente è derivato un pregiudizio, a prescindere dalla lesione del diritto alla salute.
Il diritto all’autodeterminazione del paziente, che richiede una informazione completa delle conseguenze dell’intervento chirurgico, trova fondamento nei principi costituzionali e costituisce una chiara espressione di tutela della libertà dell’individuo.
A prescindere dalla corretta esecuzione dell’intervento, nel caso affrontato dal Supremo Consesso trattasi di omessa informazione in relazione ad un intervento chirurgico che non ha cagionato danno alla salute del paziente. In tale situazione, si rileva lesione del diritto all’autodeterminazione, con conseguente diritto al risarcimento del , solo se il paziente abbia subito le inaspettate conseguenze dell’intervento senza la necessaria e consapevole predisposizione ad affrontarle ed accettarle, trovandosi al contrario impreparato ad esse.
Sussiste nel caso de quo, in linea teorica, un danno risarcibile ma, nello specifico, la richiesta del malato di risarcimento del danno alla salute, causato dalle non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico eseguito correttamente secundum legem artis, doveva essere corroborata da prove a dimostrazione del fatto che questi avrebbe rifiutato quel determinato intervento se fosse stato adeguatamente informato.
Orbene, il paziente avrebbe dovuto provare, anche con presunzioni, che, se adeguatamente informato, non avrebbe autorizzato l'intervento anche nell'ipotesi di operazione salva vita.
Avv. Michela Lo Giudice